(a cura del prof. Paolo Innocenti)
La scelta del luogo di cura può fare la differenza nella lotta contro i tumori.
Sempre più spesso sono i pazienti e i cittadini a richiedere informazioni relative ai volumi di attività chirurgica effettuata nelle diverse strutture sanitarie italiane, spinti dalla necessità di conoscere ed identificare gli ospedali specializzati nella cura dei tumori.
E’ noto infatti che il rischio post-operatorio per i pazienti diminuisce all’aumentare del numero degli interventi effettuati nelle varie strutture e reparti. Si è dimostrato infatti che la mortalità a 30 giorni dopo l’intervento chirurgico diminuisce quando in un reparto il numero degli interventi supera una determinata soglia.
In altre parole: più interventi, migliori risultati (minore mortalità e maggiore sopravvivenza)
La soglia chirurgica per ciascuna patologia oncologica viene individuata da fonti nazionali, come il Decreto Ministeriale 2 aprile 2015 n. 70 (Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera) e, nel caso di assenza di un riferimento nazionale, da ricerche nella letteratura internazionale più recente.
Per il cancro del colon retto, la mortalità post operatoria a trenta giorni passa dal 15% a meno del 5% quando il volume di attività raggiunge i 50-70 interventi l’anno; per lo stomaco, la mortalità post operatoria a trenta giorni si dimezza passando da più del 20% a meno del 10% quando il volume di attività raggiunge i 20-30 interventi l’anno; per il polmone la mortalità post operatoria a trenta giorni diminuisce decisamente dal 20 a circa il 5% quando il volume di attività raggiunge i 50-70 interventi annui. Anche per il carcinoma del pancreas, la mortalità postoperatoria a 30 giorni dopo l’intervento diminuisce qualora si superino i 20 interventi/anno, anche se 50 interventi/anno rappresentano il volume identificato come punto di svolta.
L’ Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS)
che ha elaborato il Programma Nazionale Esiti (PNE) evidenzia per es. che se tutti i pazienti con cancro del colon-retto venissero operati in strutture ospedaliere con volume di attività superiore ai 50 interventi ci sarebbero 151 morti in meno all’anno.
Per il cancro dello stomaco invece ci sarebbero 85 morti in meno all’anno se tutti i pazienti fossero operati in centri con volume di attività superiore ai 20 interventi.
Tuttavia, la scelta del luogo di cura deve tener conto non solo della quantità, cioè dei volumi di attività, ma anche delle buone pratiche assistenziali prima, durante e dopo la chirurgia, obiettivo che può essere realizzato solo grazie a team multidisciplinari e dalla presenza di adeguate attrezzature e servizi.
La Società Italiana di Chirurgia da tempo promuove l’ipotesi di una centralizzazione di alcuni interventi in ospedali con alti volumi di interventi e con idonee attrezzature. Nel 2016 sulla rivista della Società, Updates in Surgery, viene dedicato un fascicolo ai requisiti numerici e strutturali che possono garantire migliori risultati ai pazienti con tumori del colon-retto, esofago, fegato, stomaco e pancreas.
Per es. per il cancro dell’esofago (leggi l’articolo) il centro oltre ad effettuare più di 20 interventi all’anno deve anche disporre di un servizio di endoscopia che oltre agli endoscopi ad alta definizione possa effettuare endoscopie operative ed eco-endoscopie, di un servizio di radiologia che oltre a TC, RM, PET possa eseguire procedure di radiologia interventistica, di un reparto di ORL ecc. ecc.
Infine va rilevato, secondo la Fondazione AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), che pochi sono i Centri in linea con la soglia minima di attività chirurgica.
Per es. per quanto riguarda il cancro del pancreas soltanto quattro Regioni (Veneto, Lombardia, Toscana e Lazio) sono dotate di almeno una struttura che esegua più di 50 procedure all’anno mentre per quanto riguarda il cancro dello stomaco in Italia soltanto il 23% dei reparti supera 20 operazioni/anno.